QUANDO LA DECISIONE E' FRUTTO DEL "PENSIERO DI GRUPPO"
Nei gruppi faccia a faccia, ovvero nei gruppi formati da due o più individui che interagiscono influenzandosi reciprocamente, sono due i principi motivazionali che guidano l’adesione alle norme del gruppo:
-
L’acquisizione della padronanza
i membri si conformano alle norme del gruppo perché ritengono che esse riflettano adeguatamente la realtà. La convergenza di molte opinioni spesso ne testimonia la correttezza. È infatti possibile che un individuo veda le cose in modo inesatto, ma è improbabile che questo accada a tanti individui contemporaneamente.
2. La ricerca dell’affiliazione
consiste nel ricercare sostegno, simpatia ed accettazione da parte delle persone e dei gruppi che ci interessano e che sono oggetto della nostra stima. L’adesione alle norme contribuisce a far sentire le persone amate e rispettate dagli altri componenti del gruppo.
L’adesione degli individui alle norme sociali del gruppo può assumere due forme differenti:
- adesione interiore: quando gli individui sono intimamente e sinceramente persuasi che il gruppo sia un modello corretto, appropriato e lasciano che i pensieri e i comportamenti altrui guidino i loro
- conformismo pubblico: quando gli individui si conformano alle norme del gruppo perché sentono di non avere altra scelta.
Questo accade quando gli individui sono sottoposti a pressioni e di conseguenza con le parole e le azioni fingono di accettare le norme del gruppo, ma in realtà ritengono che il gruppo abbia torto. Le persone si conformano pubblicamente perché temono il ridicolo, l’incarcerazione o punizioni ancora peggiori.
Nel conformismo pubblico si rispecchia la consapevolezza che i gruppi distribuiscono ricompense a chi è in sintonia con il consenso e puniscono chi non lo è. Chi non si uniforma agli altri componenti del gruppo sente di esporsi a reazioni negative i suoi timori il più delle volte sono fondati.
Il consenso nel gruppo può essere considerato valido ed affidabile solo quando è ottenuto attraverso un processo decisionale corretto.
Ciò non avviene nel “pensiero di gruppo”, un processo decisionale compromesso dalla forte motivazione a raggiungere rapidamente un consenso indipendentemente da come quel consenso venga raggiunto.
Molto spesso il pensiero di gruppo produce esiti negativi.
Caratteristiche del pensiero di gruppo:
-
Il consenso viene ottenuto senza prendere in considerazione tutte le informazioni disponibili
I componenti della maggioranza escogitano espedienti per evitare la diffusione di informazioni che potrebbero alimentare il dissenso, quali ad esempio un guardiano della mente, ossia un individuo che protegge i componenti del gruppo da informazioni indesiderate in grado di distruggere la fiducia nel consenso. Avendo a disposizione solo dati e opinioni favorevoli il gruppo intraprende un processo di giustificazione e consolidamento della propria decisione, il quale rafforza il consenso anziché sottoporlo a verifica.
Il consenso, quindi, non si basa su prove valide.
2. Il consenso è contaminato perché i giudizi dei componenti del gruppo non sono indipendenti.
Parliamo di gruppi in cui i componenti condividono il medesimo background culturale e analoghi punti di vista. Tali gruppi spesso si isolano dalle influenze esterne e da visioni differenti dalle proprie.
Il consenso, quindi, non riflette la convergenza di molteplici punti di vista.
3. Il consenso viene ottenuto mediante conformismo pubblico e non mediante adesione interiore.
La pressione al conformismo è spesso intensa e la tolleranza per qualsiasi tipo di disaccordo è scarsa; la minoranza dissidente viene bruscamente richiamata all’ordine oppure esclusa dal gruppo.
Chi ha dubbi li soffoca volontariamente attraverso l’autocensura.
Il consenso, quindi, non riflette le vere convinzioni dei componenti.
Come contrastare il pensiero di gruppo:
-
incoraggiando il dissenso e l’atteggiamento mentale critico
-
coinvolgendo persone esterne al gruppo per avvalorare le decisioni
-
riducendo al minimo Il ruolo del leader
Nel 1961, a seguito di uno scorretto processo decisionale di gruppo che culminò nell’infelice sbarco alla Baia dei Porci, il presidente John F. Kennedy modificò la procedura attraverso cui il suo pool di consiglieri esprimeva pareri strategici e politici.
-
Kennedy abbandonò la sua abitudine di dichiarare le sue preferenze personali all’inizio di un dibattito
-
insistette affinché ci fosse una discussione aperta e sincera riguardo la valutazione dei benefici e degli svantaggi di ogni corso di azione possibile, incoraggiando anche la manifestazione dei minimi dubbi e di qualsiasi forma di perplessità
-
nominò suo fratello, il ministro della giustizia Robert Kennedy, “avvocato del diavolo”. Il compito era quello di mettere in dubbio le decisioni del gruppo sottolineando eventuali vizi di ragionamento
-
per evitare la contaminazione da preconcetti condivisi fece in modo che i suoi consiglieri si riunissero in due sottogruppi separati.
Il fatto di dover quindi prendere in considerazione ed analizzare due differenti soluzioni determinava unvivace dibattito e assicurava che venisse espresso il maggior numero di opinioni possibili
Purtroppo, l’abbiamo già evidenziato, non sempre i gruppi decisionali hanno la volontà o la possibilità di replicare l’intuizione di Kennedy.