LA CURVA DELLA FELICITA’
Amo la Prospect Theory e la sua Curva del Valore. Graficamente sinuosa, asimmetrica, perfetta, rassicurante.
La Prospect Theory (PT) è la teoria della decisione formulata dagli psicologi israeliani Kahneman (premio Nobel per l'economia nel 2002) e Tversky nel 1979. La teoria spiega che gli individui non sono tutti Econ, ovvero esseri perfettamente razionali, che quando devono prendere una decisione in campo economico sono in grado di valutare appieno tutte le opzioni disponibili e scegliere quella che massimizza la loro utilità, bensì esseri umani con problemi mnestici, attentivi, di ragionamento, emotivi, di tempo, che quando prendono una decisione utilizzano necessariamente delle scorciatoie. La PT spiega proprio questo: come gli esseri umani prendono le loro decisioni. A me piace estendere la teoria dal campo economico a quello prettamente personale, quotidiano.
Spesso, quando devo prendere una decisione mi piace pensare alla curva del valore e mi piace immergermi fisicamente nei suoi quadranti:
- il primo quadrante è quello dei guadagni, delle vincite, ma, per me, anche quello del benessere, della felicità. È il quadrante in cui siamo avversi alle perdite
- il terzo, invece, è quello delle perdite, del dolore, del rischio: siamo disposti a rischiare pur di evitare una perdita certa; siamo propensi al rischio
Fino al 23 febbraio ero felicemente posizionata nel primo quadrante: gli appuntamenti con gli amici, anche solo per un caffè, le chiacchiere con loro passeggiando sulla riva del lago, o per le strade di Milano, la palestra, trekking in montagna.
Un’altra caratteristica della Curva del Valore è che è concava nel primo quadrante a causa dell’utilità marginale decrescente. Questo significa che partendo da un punto di riferimento pari a zero, il valore di un guadagno di 10 è maggiore di un guadagno sempre dello stesso importo quando già si possiede 1000. Questo per dire che tutto sommato non provavo piu’ di tanto piacere per un ulteriore caffè con una amica, era normale.
A febbraio ho anche iniziato un master in una università a Milano. Il 21 febbraio ho seguito la prima lezione, il 22 febbraio la seconda poi…. Poi è arrivata la pandemia e il lunedì seguente l’ateneo, come tutte le scuole di ogni ordine e grado, è stato chiuso.
All’inizio la situazione non sembrava così grave e sono rimasta nel primo quadrante, rassicurata dall’euristica della diponibilità e dal fatto che i pesi attribuiti alle basse probabilità sono inferiori alle probabilità stesse. In altre parole, ho sottovalutato il rischio pandemia e forse non solo io. Infatti, a Milano, il 20 febbraio I ristoranti cinesi, ma non solo, hanno reagito all’allarmismo legato al Coronavirus, con La Notte delle Bacchette proponendo un piatto solidale dove il 50%, dell’introito è stato devoluto a favore delle popolazioni cinesi duramente colpite dall’epidemia.
Poi però, in pochi giorni, siamo al 5 marzo, la situazione è precipitata e mi sono trovata senza quasi accorgermi nel terzo quadrante.
In questo quadrante la curva è convessa ed è molto piu’ ripida rispetto a quella del primo quadrante. Questo significa che le perdite sono sentite più dei guadagni; quindi una perdita dello stesso valore di un guadagno è circa 2,5 volte piu’ dolorosa. Avvertiamo Il dolore in modo più profondo della felicità.
Mi sono ritrovata smarrita, in questo quadrante, incredula ad ogni resoconto serale della tragedia che stavamo vivendo, delle perdite che stavamo subendo. Alla sera una forte ansia e poi un pianto disperato.
Però, a seguito della perdita marginale decrescente, i giorni passano e la curva della PT anche nel quadrante delle perdite si appiattisce asintoticamente all’infinito ∞. Questo significa che il valore attribuito alla perdita, man mano che passa il tempo è minore; il dolore è meno forte. Ascolto i resoconti e tutto mi sembra terribilmente quasi normale.
Questa situazione finirà. Quando? Riuscirò a ritornare nel primo quadrante? Se sì, allora la gioia all’inizio sarà forte, un’esplosione, poi però col tempo mi abituerò, ho spiegato perchè.
Ma allora il punto è proprio questo, pensando al passato, riuscire a dare un peso, un valore maggiore ai momenti sereni che certamente torneranno.