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LA DECISIONE

Cos'è la decisione?
La decisione è stata definita come:    “la capacità di valutare e di scegliere, all’interno di un ventaglio di opzioni differenti, quella che possa garantirci il miglior risultato possibile”.
Tale capacità non opera isolatamente e non si esaurisce in un singolo atto, ma  piuttosto,  richiede l’apporto di competenze psicologiche di tipo cognitivo ed emotivo e si snoda lungo un arco di tempo. Pertanto, è più corretto parlare di processo decisionale per indicarne la complessità.
I fondamenti della decisione:

  • le basi cognitive - ovvero reperire informazioni, prestare attenzione, memorizzarle, elaborarle, confrontarle per soppesarne costi e benefici. Il tutto con limiti di tempo.

  • le basi emotive - Le emozioni fanno parte del processo decisionale, a diversi livelli:

    • essere felici, o tristi, o arrabbiati, o delusi, o in ansia mentre dobbiamo valutare le diverse opzioni influenza il nostro approccio al processo decisionale

    • cerchiamo di prendere la decisione buona, giusta, ovvero la decisione che ci farà stare bene in futuro, che non ci farà pentire della nostra scelta, che non ci farà rimpiangere le altre opzioni che non abbiamo scelto.

Quante decisioni prendiamo ogni giorno?
Varie font sostengono che ogni giorno prendiamo una media di 35.000 decisioni. 
Con tutte queste scelte da fare e l'enorme volume di informazioni che ci arrivano ogni secondo, non possiamo assolutamente sperare di elaborare tutto nel modo più approfondito che vorremmo.
Per conservare la nostra limitata energia mentale, ci affidiamo a innumerevoli scorciatoie, note come euristiche , per dare un senso al mondo, e questo spesso può portarci a commettere errori di giudizio. 
Le euristiche sono guidate da S1 – Il "pensiero critico" è la risposta a questo problema
Secondo il famoso economista comportamentale Daniel Kahneman, ci sono due sistemi di pensiero nel nostro cervello. Il sistema 1 è veloce e automatico, funziona a nostra insaputa; nel frattempo, System 2 gestisce un'elaborazione più profonda e più faticosa ed è sotto il nostro controllo cosciente. 1 Il sistema 2, poiché sta facendo il lavoro più duro, drena più risorse cognitive; è faticoso e faticoso impegnarsi, cosa che non ci piace. Quindi, ove possibile, preferiamo affidarci al Sistema 1 (anche se non ci rendiamo conto che è quello che stiamo facendo).
Le decisioni sono tutte uguali? 
No. È possibile provare a classificare le scelte utilizzando diversi criteri:
a. il grado di sicurezza legato all’esito della decisione

  • scelte in condizioni di certezza: un certo risultato si manifesterà senza alcun dubbio in presenza di una data azione. 

Siamo nell’ambito delle teorie classiche, la scelta razionale, la microeconomia, la Teoria del Consumatore. Fare una scelta razionale in condizioni di certezza significa selezionare un’opzione all’interno di un menù, dove con menù intendiamo un  insieme d’opzioni.In economia il menù viene definito anche budget set. Ovvero insieme delle alternative tra cui operare la scelta in considerazione del budget, le risorse a disposizione. Di questa scelta conosciamo l’esito, o gli esiti possibili.

  • scelte in condizioni di rischio: quando le probabilità dei diversi eventi sono note

Siamo nel campo del calcolo probabilistico: es: lotterie, giochi d’azzardo, ma anche il campo medico, il campo assicurativo, ...

  • scelte in condizioni di incertezza: quando le probabilità dei differenti esiti sono sconosciute

L’incertezza si collega ad una probabilità soggettiva, ovvero a ciò che l’individuo reputa possibile, che scaturisce da sua convinzione personale che non è né osservabile, né misurabile. Il livello di incertezza dipende in gran parte dalle informazioni che il decisore possiede.
La maggior parte delle nostre decisioni vengono prese  in condizione di incertezza
 
b. seguendo il criterio della lunghezza del processo decisionale  
Alcuni processi decisionali sono brevi, in quanto si esauriscono in un solo momento e le conseguenze normalmente sono immediate
Per esempio, decido di fare pausa dal lavoro e bermi un caffè: mi allontano dalla scrivania e bevo il caffè.
Altri sono lunghi, perché richiedono più momenti e più fasi consecutive.
Ad esempio, l’acquisto di una casa: devo reperire informazioni, scegliere l’immobile, scegliere l’istituto di credito per accendere un mutuo, …
Siamo nell’ambito delle scelte intertemporali
 
c. secondo il criterio del  livello di controllo operato dalla nostra coscienza durante il processo decisionale
- ci sono decisioni che vengono effettuate in modo “automatico”, perché non necessitano del controllo della nostra coscienza
- ci sono invece decisioni che vengono effettuate in modo “ponderato”, perché necessitano del controllo della nostra coscienza in quanto complesse e articolate
Un esempio: pensiamo ai processi coinvolti nella guida di un’automobile. Il neopatentato utilizza  processi controllati, che richiedono una forte concentrazione su una sequenza di operazioni. La distrazione può portare al fallimento dell’operazione.
Al contrario, l’automobilista esperto utilizza processi automatici, e può svolgere il medesimo compito in maniera efficiente anche mentre è impegnato in altre attività, come chiacchierare con un passeggero o cercare di sintonizzarsi sulla stazione radio preferita.
Quando elaboriamo in modo ponderato? Quando in gioco ci sono motivazioni rilevanti per noi: principi motivazionali: padronanza, affiliazione, valorizzazione di me e del mio.


 Approcci allo studio della decisione in contesto di rischio ed incertezza
Due gli approcci :

  • l’approccio normativo

si basa su teorie normative, cioè su teorie che definiscono la scelta razionale, ovvero la scelta compiuta da un individuo pienamente razionale che grazie all’applicazione del  calcolo probabilistico ed altri calcoli logico-matematici  è  sempre in grado di massimizzare la propria funzione di utilità.
All’interno di questo approccio si collocano le teorie sviluppate da economisti e matematici.
L’approccio normativo studia gli assiomi e i criteri alla base di tali decisioni razionali.
La teoria di riferimento è la Expected Utility Theory (Teoria dell’Utilità Attesa) di von Neumann e Morgenstern (1947)

  • l’approccio descrittivo

L’approccio descrittivo allo studio del decision-making si basa su teorie descrittive cioè su teorie che descrivono come gli individui scelgono e prendono una decisione nella realtà.
All’interno di questo approccio si collocano le teorie sviluppate dagli psicologi a partire dagli anni’70 del secolo scorso.
Il presupposto fondamentale dell’approccio descrittivo allo studio della decisione è costituito dal concetto di “razionalità limitata”. Questo concetto è stato elaborato da Simon (economista e psicologo) negli anni Cinquanta del secolo scorso, per indicare i limiti insiti nelle capacità cognitive dell’individuo: limiti relativi alla memoria, all’attenzione, al modo di ragionare, al tempo limitato a disposizione.
Inoltre, un decisore è influenzato dal punto di vista di amici e parenti e dal loro modo di agire. Si conforma ai loro giudizi che assumono valore di norma sociale.
Un decisore  che, dovendo necessariamente giungere ad una decisione, utilizza efficienti  forme adattive di ragionamento, giudizi intuitivi, scorciatoie mentali (euristiche) che lo aiutano a  districarsi in un mondo incerto e spesso incorre in  errori sistematici di ragionamento (bias).
Un individuo che alla fine, compirà una scelta sufficientemente buona;  non la migliore in assoluto.
La teoria di riferimento è la Prospect Theory o Teoria del Prospetto, formulata dagli psicologi israeliani D. Kahneman (premio Nobel economia 2002) e A. Tversky nel 1979.  
 
Con l’approccio descrittivo, siamo  nell’ambito dell’ Economia Comportamentale, disciplina  che studia gli effetti dei fattori psicologici cognitivi ed emotivi, culturali e sociali sulle decisioni degli individui ed evidenzia come tali scelte siano lontane da quelle ipotizzate dai modelli standard della teoria economica classica

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