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RISCHIO E TOLLERANZA AL RISCHIO NELLE DECISIONI DI INVESTIMENTO
Pubblicato su www.psicolab.net il 20.03.2022

La decisione è la capacità di valutare e di scegliere, all’interno di un ventaglio di opzioni differenti, quella che possa garantirci il miglior risultato possibile.

Alcune decisioni sono facili e rapide perché le prendiamo spesso, magari quotidianamente, ne conosciamo l’esito, ci sono poche variabili da considerare.

Altre sono complesse. In questi casi prendere una  decisione è un processo complesso che non si esaurisce in un singolo atto, ma si svolge lungo un arco di tempo e richiede l’apporto di competenze cognitive ed emotive.

Sono  complesse le decisioni che riguardano l’allocazione dei risparmi.

Posto di fronte ad una decisone di investimento il risparmiatore deve considerare diversi fattori quali: la ricchezza a disposizione, l’orizzonte temporale, il rendimento atteso, il rischio e la tolleranza al rischio.

 

Consideriamo gli ultimi due fattori.

“ Il rischio nasce dal non sapere cosa stai facendo ” - Warren Buffett

“ Il più grande rischio è non prendersi nessun rischio ” Mark Zuckerberg

L’affermazione di Warren Buffett,  uno dei più grandi investitori di tutti i tempi,  si basa su una considerevole  cultura finanziaria ed un’enorme esperienza.

L’affermazione di Zuckerberg si basa su un approccio economico per cui l’assunzione del rischio è una condizione imprescindibile per l’imprenditore.

Il rischio relativo ad un prodotto finanziario è direttamente  collegato al suo  rendimento atteso: maggiore è il rendimento atteso, maggiore è il rischio.

In ambito finanziario la tolleranza al rischio si riferisce alla quantità massima di fluttuazione, di variabilità del valore del portafoglio che un risparmiatore è disposto ad accettare e dipende da molteplici elementi quali il livello di cultura finanziaria, le caratteristiche di personalità, la percezione di abilità, lo stato emotivo del momento.

 

Come può essere valutato il rischio secondo le teorie normative e descrittive?

Nell’approccio alla valutazione del rischio, le teorie normative prevedono l’utilizzo del Valore Atteso (Expected Value) e descrivono la scelta razionale  compiuta da un individuo pienamente razionale,  l’homo oeconomicus, il cui fine è la massimizzazione dell’utilità.

Sono teorie elaborate da matematici ed economisti.

Il Valore Atteso è il risultato di un  calcolo matematico:  il decisore moltiplica  l’ammontare dei  payoff associati ai possibili esiti di ogni azione  (ad esempio, il rendimento che potrebbe ottenere o la perdita che potrebbe subire in un  determinato arco di tempo relativamente ad ogni titolo)  per la probabilità che l’evento si verifichi. Alla fine, sceglierà l’opzione con il maggiore Valore Atteso. Nelle teorie normative non cè posto per la tolleranza al rischio.

 

Grazie agli studi di Bernoulli (1738), ripresi da  von Neumann e Morgenstern (1947), un migliore approccio al rischio, da un punto di vista normativo, prevede l’applicazione della teoria dell’Utilità Attesa (Expected Utility Theory).

Nell’EUT il decisore  moltiplica la probabilità di accadimento di un evento  per il livello di utilità del risultato associato. L’utilità è un fattore soggettivo.

Se siamo avversi al rischio, rifiutiamo una scommessa preferendo una quantità di denaro pari al suo valore atteso; se siamo propensi al rischio  accettiamo la scommessa; se siamo neutrali allora siamo indifferenti tra le due opzioni.

La funzione di utilità è la rappresentazione grafica dell’EUT e la sua forma dipende dall’attitudine verso il rischio, di conseguenza ciascun individuo ha una differente funzione di utilità:

 

Funzione di utilità

Con la Prospect Theory (PT), elaborata dagli psicologi Kahneman e Tversky nel 1979 entriamo nell’ambito delle teorie descrittive che si propongono  di fornire la descrizione di come gli individui effettivamente si comportano di fronte a una decisione in condizione di rischio.

 

Funzione di valore – fonte Wikipedia

Nella valutazione dell’attitudine al rischio dell’individuo vengono inseriti fattori psicologici: status quo, frame, avversione alle perdite, effetto certezza.

  • Status quo

È il punto di riferimento, di partenza. I decisori non si limitano a considerare la massimizzazione dell’utilità, come sostengono le teorie normative, bensì confrontano le opzioni  in gioco in relazione ad un punto di riferimento soggettivo, ovvero lo status quo.

  • Frame

Si riferisce al contesto in cui l'individuo si trova ad operare la scelta

Il frame, in particolare il modo in cui il problema viene formulato, influisce sul modo in cui l'individuo percepisce il punto di partenza, lo status quo, rispetto a cui valutare i possibili esiti delle proprie azioni.

Due opzioni identiche a seconda dell’incorniciamento linguistico possono apparire nel primo caso un guadagno,  nel secondo caso una perdita. 

  • Avversione al rischio nell’ambito dei guadagni / propensione al rischio nell’ambito delle perdite

Per la maggior parte degli individui la motivazione ad evitare una ulteriore perdita è superiore alla motivazione a realizzare un guadagno addizionale (è circa 2,5 volte maggiore). Le perdite sono percepite  come maggiormente dolorose rispetto delle vincite.

Ecco allora la propensione al rischio nell’ambito delle perdite: siamo disposti a rischiare il tutto per tutto  pur di evitare un’ulteriore dolorosa perdita.

  • Effetto certezza

Gli individui preferiscono un evento certo ad uno solo probabile.

Quando gli individui devono scegliere tra un ventaglio di opzioni che presentano tutte esiti positivi, tendono ad attribuire un peso maggiore agli esiti certi  rispetto a quelli probabili, anche se questi  hanno un valore atteso maggiore.

 

Questi concetti possono apparire un po’ oscuri per cui, per una maggiore chiarezza, vi invito, dopo aver svolto  il test  allegato,  a leggere l’analisi relativa al contenuto delle domande (vedi i link a fondo pagina).

 

Bene a questo punto testiamo la nostra tolleranza al rischio  con il “Risk Tolerance Quiz”. 

È infatti preferibile non investire in asset rischiosi se la nostra tolleranza al rischio è minima, onde evitare  di passare notti insonni e provare rammarico, rimorso, per la decisione  presa.

Il test è stato sviluppato, testato e pubblicato nel 1999 da due docenti universitari  di Finanza: John Grable e Ruth  Lytton.

Il Risk Tolerance Quiz è stato, ed è,  ampiamente utilizzato da risparmiatori,  consulenti finanziari e ricercatori per valutare la disponibilità ad impegnarsi in un comportamento finanziario rischioso. 

N.B.: non esistono risposte corrette e risposte sbagliate.

Il profilo che deriva dalle risposte non rappresenta un'informazione di per sé sufficiente per decidere se e come investire. Facciamoci consigliare da un consulente finanziario esperto.

 

Bibliografia 

Prospect Theory: An Analysis of Decision under Risk - Econometrica, 1979

Risk Tolerance Quiz - Source: Grable, J. E., & Lytton, R. H. (1999). Financial risk tolerance revisited: The development of a risk assessment instrument. Financial Services Review, 8, 163-181.

 

TEST

ANALISI DELLE DOMANDE

Funzione di utilità
Funzione di valore
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